Pages

Tuesday 9 April 2013

Die Hundert Tage

I Cento Giorni si sono conclusi ieri. Quante cose possono accadere in un periodo cosi' breve?
Potreste chiederlo a Napoleone, o alla Wehrmacht, o a Nicola II. I miei personalissimi hundert Tage non saranno stati cosi' movimentati, ma sicuramente sono stati un cambio radicale nella mia vita, e anche se non e' detto che il mutamento di scenario sia duraturo (namely, quanto tempo rimarro' in Australia e dove andro' se dovessi tornare in Europa), i suoi effetti sulla mia visione del mondo e sulle mie esperienze di vita sono certamente permanenti.

Somewhere along the way, things have changed.

Con otto prove (fra esami e assignment) da sostenere nelle prossime quattro settimane, non ho il tempo materiale per usare questo blog come vorrei, cioe' come un luogo di analisi di temi sociali e culturali a me cari, e finora sta attenendo piu' alla funzione di diario personale. Passate queste quattro settimane infernali, le cose cambieranno.

Intanto, oggi credo proprio che passero' dal panificio thailandese per comprare una fetta di Sacher Torte (grazie, multiculturalismo <3) per celebrare quest'occasione. Quando sono partito, era tutt'altro che scontato che sarei riuscito a sopravvivere per cento giorni, con tutte le disavventure e gli imprevisti che sono inevitabili quando si cambia continente. Posso dire di essere molto soddisfatto dei risultati ottenuti fino ad oggi, e spero che quello che faccio nel mio piccolo sia d'esempio e motivazione a chi spera di poter cambiare il proprio futuro. Non e' affatto detto che io riesca a realizzare i miei obiettivi e i miei sogni qui; proprio come non era detto che sarei riuscito a fare tutto, cento giorni fa. Ma non siamo intrappolati; possiamo tentare di uscire dagli schemi e dalle prigioni che ci soffocano, e certe volte, ci si riesce anche. Quel che e' sicuro e' che, perlomeno, bisogna tentare, non demordere mai e non cedere un solo centimetro; ottimizzare ogni risorsa e ogni opportunita'.


History is written by those who realise 

there is never a right way...

ONLY A BETTER WAY.





Wednesday 27 March 2013

From another place... From another time.

Lo so, sono scomparso per un po', ma finalmente ritorno a scrivere il mio diario da migrante. La combinazione di trasloco e di intenso periodo di esami e' stata fatale, ma ora le cose dovrebbero normalizzarsi, almeno per le prossime settimane.
Inoltre la settimana prossima dovrei finalmente entrare in possesso di un computer mio, dunque la situazione dovrebbe migliorare notevolmente. Nel frattempo, mi ambiento sempre di piu' nella zona.

Sono sempre stato il tipo di persona che crea un legame affettivo con i luoghi tanto quanto con le persone (certo, alcuni li detesto e basta, chissa' a cosa mi riferisco), e Pennant Hills si sta ritagliando un bel posticino nel mio cuore e nelle mie future memorie nostalgiche. E' piccola, silenziosa e appartata, pacifica in modo diverso rispetto a Lane Cove: li' sembrava di essere in un giardino, mi trovavo comunque in uno dei suburbs piu' apprezzati di Sydney, uno di quelli in cui si cerca di piu' l'effetto della vita da "house and back yard", mentre Pennant Hills e' semplicemente piu' rada, piu' periferica, molto meno urbana. Il fatto che si trovi sull'orlo del bacino che culla l'inner west da qui alle Blue Mountains, oltre a evitare che sia investita dal caldo apocalittico che colpisce le zone interne e piu' lontane dalla costa, dona una vista splendida sul Lane Cove National Park. Devo visitarlo, uno di questi giorni.

La casa e' stupenda. Certo, nel giardino a volte sembra di avere il Jurassic Park, ma in fin dei conti fa parte dell'esperienza di essere down under. Ne apprezzo ogni piccolo dettaglio, il fresco nelle giornate torride, la comodita' casalinga, la penombra del salotto nel tardo pomeriggio, la quiete appartata della mia camera... E' un guscio sicuro in cui sentirsi comodi e protetti, e sono davvero felice di essere qui.

Oggi ho finito di sistemare gli ultimi oggetti nei vari cassetti. Sono principalmente ricordi che mi sono portato dietro da Over There. Foto del liceo, alcune talmente vecchie che sembrano quasi incredibili; diplomi tradotti e non, appunti di greco, tutta la marea di stronzate scritta insieme a quei compagni di classe che hanno reso quegli anni cosi' speciali e indimenticabili. Ma ci sono anche biglietti dell'Amat e della Sud Est, giusto per ricordarsi che cosa usavo fino a qualche mese fa, invece del NSW Transport :P biglietti da visita di decine di posti visitati con le persone a me piu' care in assoluto, lettere, gift card, oggetti... C'e' davvero di tutto, e nel fare l'inventario del tutto per poi conservarlo accuratamente, sono stato avvolto dalle spire della nostalgia.

Mi rendo conto, a livello emotivo e profondo, che mi trovo di fronte a dei frammenti di vite incrociate, di posti sfiorati, di momenti sospesi, da un passato temporalmente vicino, ma emotivamente cosi' lontano.

Echoes from another place... From another time.

Per mia fortuna, le persone che sono state partecipi di tutto questo non sono ricordi; sono reali, e il nostro percorso condiviso continua ogni giorno, non importa quanto fisicamente lontano possano spingerci i nostri passi. Siamo oramai una comunita', abbiamo un nostro Volksgeist, ci riconosciamo in valori condivisi e legami profondi che ci rendono piu' forti, insieme; e dunque il viaggio collettivo prosegue, e l'8 aprile sara' il mio centesimo giorno passato qui in Australia.

Bring it on.

Tuesday 12 March 2013

Grillo e il suo successo, ovvero come vendere un'idea vuota

In una discussione avuta recentemente su Facebook, e' stata sollevata da parte di un supporter del partito di Casaleggio un'osservazione che mi ha lasciato molto perplesso: cioe' che basta guardare ai risultati delle elezioni per capire che il MoVimento e' migliore degli altri partiti.
Insomma, prendere piu' voti significa automaticamente, nella visione dell'osservatore, essere capi di Stato e governo migliori, persone che fanno politica in maniera migliore. Presumo che il mio interlocutore non applicasse la stessa logica a Silvio Berlusconi, che secondo questa scala di valori sarebbe uno dei piu' grandi statisti di sempre, per non parlare di Adolf Hitler; tale e' il potere del bipensiero grillino.

Bene; quando e' stato evidenziato il fatto che raccogliere consensi significa, appunto, essere bravi solo a raccogliere consensi, ovvero a comunicare, la contro-obiezione e' stata che la Casaleggio associati e' pessima con le pubblicita', perche' "non si vedono mai i loro spot in tv".
Premesso che, essendo Casaleggio dei pubblicitari, difficilmente toglierebbero spazio all'eventuale prodotto o azienda alla cui campagna hanno contribuito prendendo dello spazio per loro stessi, e premesso che la televisione non e' un ambiente meritocratico ma fa accedere al suo bacino chiunque paghi per starci, a prescindere da quanto buoni siano i suoi spot, direi che con il MoVimento stesso Casaleggio ci ha mostrato un'opera di comunicazione di prima classe; il marketing lo conoscono, e bene.

E' perfetto il modo in cui si adeguano a un segmento elettorale specifico, rappresentandolo perfettamente, senza per questo escluderne altri che potrebbero potenzialmente offrire il loro supporto. Quando sentite i grillini semianalfabeti dire cose sulla falsariga di "Ciao, sono Paolo, finora ho lavorato a un call centre e vorrei portare in Parlamento la mia conoscenza delle comunicazioni" non state vedendo solo in azione i poveri stronzi che dovranno decidere del vostro futuro, state vedendo messa in pratica la formulazione di un consumer profile. Sebbene Grillo abbia il supporto di fascisti, ex leghisti, ex comunisti, persone di una certa eta' deluse dalla ka$ta, di fatto si e' concentrato alla perfezione su un destinatario mediatico che ha creato il cuore del suo partito, come fa ogni azienda di successo.

Moltissime persone acquistano prodotti Apple, ma se doveste descrivere il classico acquirente che scegliera' Apple solo perche' e' Apple, vi si paleserebbero in mente delle immagini ben chiare su chi e' questo destinatario ideale, quello che piu' di tutti gli altri (che magari compreranno Apple lo stesso) aderisce alla perfezione all'immagine che la compagnia vuole dare di se'.


Il mio recente report sul marketing mix di Nutella mi ha dato il metro di paragone perfetto: sebbene in Italia la strategia comunicativa di Ferrero sia piuttosto diversa, in USA e Australia la percezione che Nutella cerca di avere di se' e' quello di un prodotto per famiglie, che e' ideale per la colazione e che puo' essere servito rapidamente. Chiaro che poi magari anche lo studente universitario single si comprera' il suo bel barattolo di Nutella da un kg, ma data questa presentazione, il target market che e' maggiormente portato a rispondere positivamente alla pubblicita' di Nutella e' proprio composto da famiglie, e in uno stadio preciso del loro ciclo vitale, in cui hanno gia' magari un paio di figli pestiferi, con un mutuo da sostenere (non a caso questa strategia in Australia funziona, dato che i mutui sono un serio problema) e che dunque costringe entrambi i genitori a lavorare e ad avere meno tempo per prendersi cura della loro rumorosa prole. A fast paced environment, insomma.

Anche Casaleggio ha il suo. Tutti potete richiamare facilmente alla mente l'immagine del grillino standard: uno studente, un giovane imprenditore, quello che volete, basta che sia giovane, che si interessi di internet come una fonte di informazioni che non verifica, a cui piace pensare di essere socialmente impegnato, e che crede di essere genuinamente preoccupato per l'ambiente. Frustrato e deluso dalla politica.

Questa segmentazione e' fatta talmente bene che i grillini se la fanno da soli. Casaleggio non avrebbe avuto neanche bisogno di scriverlo un profilo, uno di quei documenti che dicono tipo:

Piacere, sono Daniele. 
Ho dai 20 ai 30 anni, studio ma sono disilluso sul mio futuro. Mi piace passare il tempo libero su internet, discutendo con i miei amici dei post che ho letto su dei blog di informazione alternativa, e sono un emerito imbecille.

Non ne avrebbe avuto bisogno, sono stati indottrinati talmente bene che lo recitano loro stessi ogni volta che aprono bocca.

Ora, ritorniamo a Nutella: essa sa molto bene che la base del marketing moderno e' la semplicita'. In un momento in cui siamo saturi di informazioni, bombardati da ogni lato da una quantita' immensa di messaggi la cui maggioranza sara' semplicemente ignorata dal nostro cervello, le cose che hanno piu' possibilita' di penetrare sono quelle piu' semplici. Non era cosi' in passato: ad esempio, la propaganda nazista, che per l'epoca era rivoluzionaria, oggi non funzionerebbe, perche' troppo carica di riferimenti ed elementi passati e semplicistiche credenze popolari a cui tentava di riallacciarsi. Troppo pomposa, troppo rumorosa, troppo articolata. Lo stesso vale per le pubblicita' che nello stesso periodo venivano date alla radio: strillate il piu' forte possibile, o con musichette e jingle per tentare di attrarre subito l'attenzione. Il marketing moderno invece si basa sulla semplicita'.

Considerate i seguenti elementi:
Siamo in un periodo di crisi economica, in cui le spese superflue vengono tagliate. Nutella e' piu' costosa di tante sottomarche equivalenti, facilmente rintracciabili in un qualunque discount; e il mercato per cibi sani e stili di vita salubri si e' espanso moltissimo a scapito di quello del cibo spazzatura negli ultimi anni. Eppure le vendite di Nutella continuano a salire.
Ci sono riusciti proprio grazie alla semplicita': ripetono sempre lo stesso messaggio, che per il loro tarket market (la famiglia menzionata in precedenza) e': Nutella is healthy.

Avete capito bene.
E' una stronzata talmente colossale che quasi ci sarebbe  da ridere loro in faccia, eppure in tutti i loro spot pubblicitari australiani, cercano di presentare Nutella come un prodotto dagli ingredienti semplici, che non fa ingrassare, di cui ci si puo' fidare perche' ha solo "a hint of cocoa" (???????), e in California hanno anche subito l'ira di una class action per via di questa cosa. Eppure funziona.

Un messaggio semplice, ripetuto di continuo, ancora e ancora: la Nutella e' salutare.

E cosi' il MoVimento ha stregato le menti italiane con una lunga serie di messaggi che sono difficili da smontare proprio perche' sono semplici e istintivamente percepiti in un modo, messaggi che vengono ripetuti in continuazione. E che, a giudicare dai risultati elettorali, vendono.

Uno vale uno, ci vediamo in Parlamento, sara' un piacere, tutti a casa, vaffanculo, spazio ai giovani, democrazia diretta, partecipazione dal basso, consultazione con la base, internet.

L'AIDS vi angoscia? E' una bufala.
Lo Stato italiano non riesce a garantire fondi per le sue scuole? Tagliamo le auto blu.

Noi non prendiamo finanziamenti pubblici e' forse la prova SOMMA. Di fronte a questa frase, che indica palesemente la volonta' di consegnare i partiti in mano ai privati, mezza nazione si e' ipnotizzata.
Uhhh, non prendono soldi pubblici, dev'essere una cosa buona!
Siamo arrivati al punto in cui molti elettori di altri partiti invocano affinche' i loro rinuncino ai finanziamenti pubblici, e Matteo Renzi, da bravo liberista distruttivo e assolutamente incompetente qual e', lo sta usando come cuneo di sfondamento contro la leadership di Bersani.

Una semplice frase, ripetuta all'infinito, che ha saputo stregare mezza nazione.

Quindi, grillini cari, per piacere, smettetela di menarmi il cazzo con la storia della bravura politica e delle proposte vere che attirano la gente, e dimenticate pure le vostre ridicole correlazioni inventate fra consensi e statismo, che specialmente per un partito che non ha mai governato, semplicemente non esistono.

Smettetela di sminuire Grillo e Casaleggio dicendo che sono due poveri stronzi, e che se i partiti tradizionali si sono fatti infilzare "da un comico e da un pubblicitario" allora e' chiaro che c'e' qualcosa che non va, perche' non e' assolutamente vero: e' perfettamente normale. I nostri partiti non sanno nulla di marketing.
Casaleggio invece lo conosce molto bene, e ha creato una parte che poi Grillo ha recitato alla perfezione.

Avete comprato qualcosa semplicemente perche' vi piaceva lo scatolo, e ora scoprirete che e' vuoto.
E il prezzo che avete promesso di pagare e' molto piu' salato di quanto immaginavate.

Wednesday 6 March 2013

Problemi.

Come accennato, ecco dunque il primo post di una serie in cui parlero' di cose che in Australia non funzionano bene, o che lo fanno in maniera pessima. E' un argomento importante; mi e' stato spesso detto che sono esterofilo a tutti i costi, che ignoro i problemi degli altri e che penso che ci siano Paesi perfetti.

Nulla di piu' sbagliato.

L'Australia e' una societa' con grattacapi grandi e piccoli, e preoccupata da un futuro incerto. Questo non significa che, nel complesso, non sia anni luce avanti rispetto all'Italia, e sicuramente piu' socialmente empatica rispetto al resto dell'Occidente. Il welfare capillare, l'istruzione di prima classe, l'indipendenza dalle lobby religiose, la capacita' di far convivere etnie e culture profondamente diverse senza discriminazioni rendono questo un grande Paese. Ma le debolezze ci sono: il problema dell'alcool e del gioco d'azzardo, la bomba a orologeria delle risorse minerarie, lo stato attuale della politica, l'immigrazione massiccia, queste sono cose capaci di destabilizzare una nazione in maniera anche permanente. Abbiamo visto tutti in quale condizione deprimente versi il Regno Unito oggi, o quanto in basso siano arrivati gli US dagli anni '50. Ma oggi non voglio cominciare con nessuno dei grandi temi sopra menzionati, che richiedono un'elaborazione dettagliata che oggi non ho il tempo di affrontare, e dunque iniziero' con qualcosa di leggero: problemi seri ma non catastrofici e complessi, e soprattutto, le piccole stronzate quotidiane che ti fanno un po' smadonnare. Spero che il post vi strappi un sorriso, e vi dia uno snapshot inusuale di uno Stato cosi' distante!


Apriamo con la televisione. 
Gesu' Cristo.
La cruda verita' e' che faceva schifo in Italia e fa schifo pure qua, a livelli quasi altrettanto imbarazzanti. E gli australiani, che sotto tanti altri aspetti cambiano abitudini molto in fretta, sono rimasti vagamente ancorati alla tv: la guardano spesso, rappresenta ancora una cosa che si fa "in famiglia", e mi e' capitato di vederli cercare appositamente la spazzatura giusto per il gusto di "rilassarsi".
Certo, non hanno Uomini e Donne, e nemmeno aborti come Voyager, Paolo Fox o Striscia la Notizia, ma se non raggiungono quelle bassezze di sicuro non e' per mancanza d'impegno: il palinsesto e' dominato da show off ridicoli come "football team eterosessuale vs football team omosessuale", show di cucina che al confronto la prova del cuoco potrebbe vincere un oscar, canali secondari di notizie che per fare i fighi e competere con quelli piu' grossi riescono a fare i sensazionalisti col clima peggio del TG1 (l'esempio perfetto l'ho avuto la settimana scorsa: pioveva un po' in tutta Sydney e Channel 7 proponeva un COVERAGE LIVE dedicato al fatto che STAVA PIOVENDO, con inviati sul campo in vari suburbs apposta per confermarci che IN EFFETTI PIOVEVA), ma cio' che davvero spopola nella programmazione e' il Male, ovvero...



         GLI PSEUDODOCUMENTARI


Come dicevo prima, quantomeno loro non hanno Voyager o Mistero; pero' qui la TV non fa altro che trasmettere i tipici "documentari" in stile americano, che semplificano in maniera vergognosa, mettono montaggio e musica da thriller incalzante (o peggio da horror, come nel caso di un documentario che pretendeva di risalire alla causa della morte e a una biografia parziale di soldati scozzesi del medioevo partendo da quattro ossa dimmerda) e spettacolarizzano ogni minima stronzata.
Speravo che venire in Australia avrebbe almeno annacquato un po' il mio odio recrudescente per la televisione. Invece lo ha esacerbato a livelli da fanatismo ideologico.


Un'altra cagata che merita una menzione viene da Gli australiani che si lamentano, detto anche "l'erba del vicino e' sempre piu' ritardata". Gli australiani si lamentano di tutto. Vivono in una nazione ricca, benestante, in crescita economica, che si impegna a coinvolgerli nel sociale, ma a sentirli parlare sembra che vivano nel Deutsches Reich ai tempi di Weimar. Su alcune cose fanno bene a lamentarsi (il regional pricing, di cui parlero' dopo), ma in generale sono davvero ingiustificabili. Si lamentano di non ricevere servizi statali e sussidi sufficienti, quando un sussidio di disoccupazione qui e' piu' alto di uno stipendio medio in Italia. Protestano contro gli autobus: con una eccezione (dieci minuti), non ne ho mai visto arrivare uno piu' in ritardo di 4 minuti nei 68 giorni che ho passato finora in Australia. Sono sempre stati pulitissimi, comodi (sedili imbottiti ftw) e, tranne che in un caso, con l'aria condizionata. Gli autisti sono gentili, i passeggeri stessi rispettano molto il mezzo e non lo trattano come una discarica, eppure loro stessi se ne lamentano. Perche' 4 minuti di ritardo sono troppi, per loro significa che "gli autobus sono inefficienti". E io fra me e me ripenso agli autobus dell'AMAT di Taranto, dagli anni '70 con furore, rumorosi come se andassero a carbone, che saltano direttamente le corse, hanno raramente orari fissi e comunque non sono pubblicati da nessuna parte, vanno scoperti empiricamente; gli autobus che d'estate praticamente fondono per il calore e vengono brutalmente vandalizzati dai tarantini cavernicoli urlanti. Ripenso a tutte queste cose, e fra me e me mi dico che tutto sommato gli australiani di qualita' dei trasporti pubblici non capiscono un cazzo.
L'altro giorno e' uscita la notizia che la disoccupazione e' salita dal 5% al (reggetevi forte) 5.1%.
PANICO.

Sono tutti disperati, sembra che l'apocalisse incomba su tutti loro. Ogni volta che un australiano confessa le sue ansie sullo 0.1% di disoccupazione in piu', un Paese europeo in bancarotta, da qualche parte, muore.

Regional pricing: questo e' gia' un problema un po' piu' serio. Malgrado i prezzi a Sydney non siano molto diversi da quelli europei, e in certi casi anche piu' bassi, ci sono certe cose che costano molto di piu' di quanto dovrebbero. Perche'? Perche' quando pianificano il loro marketing mix e arrivano al prezzo, le compagnie in genere, naturalmente, impostano prezzi differenti a seconda delle regioni del mondo a cui il prodotto e' destinato, e in Australia questo e' in parte anche un problema di logistica. Ma certe cose, semplicemente, no. Per esempio, una compagnia che ci specula tantissimo e' Apple: se volete acquistare qualcosa su iTunes, e all'estero costa 99 centesimi, state certi che qui costera' $3.99. Perche'?
Sono dati. La logistica non c'entra un cazzo.
Apple ovviamente non e' l'unica a farlo. Se voleste acquistare Adobe in Australia, vi costerebbe tantissimo. Se prendeste un aereo per Los Angeles, lo compraste negli US e tornaste a Sydney, riuscireste a risparmiare qualche dollaro, e ho detto tutto.
Le associazioni di consumatori sono furibonde e il governo probabilmente sarebbe gia' intervenuto in qualche modo, se non fosse per l'impasse politica in cui si trova al momento l'Australia, e con le elezioni in avvicinamento.

I supermercati: questo e' decisamente piu' serio. In Australia ci sono solo due grandi catene di supermercati (nel senso di grocery store, cioe' che vendono esclusivamente alimentari, bevande e prodotti correlati): Woolworths e Coles. Questa cosa e' un vero dramma. Se in altri settori, compresi quelli ad esempio degli ipermercati intesi come shopping centres, la competizione in Australia e' notevole e sana, Woolworths e Coles si sono letteralmente impossessati del mercato. E' vergognoso: combinandoli, occupano circa l'80% del market share, con il rimanente 20% distribuito fra il discount Aldi, il supermercato per produttori indipendenti IGA e altri partecipanti minori. I due giganti si sono espansi talmente tanto che di fatto stanno portando alla rovina gli agricoltori e gli allevatori. Woolworths negli anni '70 era ancora relativamente secondario; e' riuscito a diventare un diretto rivale di Coles con una campagna molto intelligente basata sul "we're the fresh food people", ovvero sul presentarsi come un supermercato che fornisce cibo fresco e genuino, a un prezzo leggermente superiore. La risposta di Coles dal punto di vista mediatico pero' e' stata efficacissima: hanno tirato su una campagna titanica intorno al concetto di "prices go down", con tanto di canzonetta irritante, mani rosse giganti che puntano verso il basso appese a ogni angolo dei loro supermercati e regalate come souvenir ai clienti, saldi brutalissimi eccetera.



Per Woolworths e' stato un brutto colpo, anche perche' sono impegnati a difendersi da una denuncia di Apple (eh beh oh, prima o poi capita a tutti), e allora qual e' stata la risposta? Ecco, qui arriviamo al succo del problema. La risposta e' stata price war.
Coles e Woolworths stanno facendo di tutto per abbassare i prezzi il piu' possibile e guadagnare un vantaggio sull'altro, ma stanno davvero raschiando il fondo del barile. Il latte e' uno degli esempi piu' gravi: 99 centesimi al litro. Quando del latte viene prodotto su vasta scala e venduto a meno di un dollaro al litro, cosa succede agli indipendenti che vendono latte piu' genuino e piu' artigianale a oltre due dollari al litro? Ecco, appunto. Ma i produttori individuali vengono notevolmente piu' danneggiati da una tattica particolare usata da entrambi i supermercati per accrescere il proprio market share: l'home branding.
Ovvero sia Woolworths che Coles stanno dicendo ai loro fornitori piu' piccoli e meno conosciuti che la gente si fida dei marchi Woolworths e Coles, non dei loro, e che dunque devono rinunciare ad avere il loro nome e logo sui loro prodotti una volta entrati nel supermercato. L'arroganza di chi ha l'80% di market share.
Cosi' ora gli agricoltori ed allevatori piu' piccoli non possono piu' proteggere il loro brand e la loro immagine. Di fatto hanno perso il controllo dei loro prodotti, che vengono etichettati Coles o Woolworths e venduti ai prezzi dettati da Coles e Woolworths.
In una catena di distribuzione verticale, che va dal produttore al grossista al supermercato, questo e' un vero e proprio conflitto verticale. Coles e Woolworths si sono espansi cosi' tanto in orizzontale (e fermati per questo dall'antitrust australiana) che adesso stanno iniziando a farlo in verticale, competendo coi loro stessi fornitori, ben sapendo di avere a disposizione una forza molto superiore; e cosi' ora tutta la struttura distributiva, il flow di prodotti, sta collassando. Non e' una bella situazione per il primario australiano, che fino a pochi anni fa era fiorente.

La cosa piu' triste e' che i partiti politici sembrano troppo concentrati sulle elezioni per far nulla al riguardo; e' uno dei pochi casi in cui il governo australiano ha mostrato inerzia riguardo a un problema di queste dimensioni.

Tuesday 5 March 2013

Radici

Si e' infine conclusa la settimana scolastica piu' faticosa, e questo momento di respiro e' una buona occasione per aggiornare il mio diario da migrante.
Per i prossimi undici giorni, niente college: e' lo study period che precede gli esami, messo da parte appositamente perche' gli studenti possano lavorare flat out sui loro assignment e studiare per gli esami veri e propri. Fra due settimane dovro' consegnare il mio report sul marketing mix di un brand (ho scelto Nutella), la mia proposta di ricerca di mercato (ho deciso di farla sulle oscillazioni di mercato fra libri cartacei ed ebook), e infine sostenere l'esame di introduction to marketing; complessivamente e' uno dei momenti piu' importanti dell'anno, e mi sento molto preparato. Il che e' un bene, perche' per la ricerca della casa mi sento ancora piuttosto spaesato e le opportunita' non sembrano essere molte. Sabato mattina dovrei andare a controllarne una a Granville, a un'ora di treno dalla scuola; sembra promettente, ma avro' certezze solo allora. Penso che nei prossimi giorni trovero' anche il tempo di lavorare sul romanzo, il che non guasta mai ed e' una cosa piu' preziosa del solito di questi tempi. Peccato, perche' non mi sono mai sentito intellettualmente cosi' attivo; quello che studiamo qui fornisce un'insight grandiosa nella comunicazione che avviene nel villaggio globale (che sia commerciale, politica o sociale), ma anche nel progresso della tecnologia e nel percorso che l'economia e la societa' potrebbero seguire nel futuro. E' un corso capace di cambiare ed approfondire la tua visione del mondo, e quando mi rendo conto di applicare spontaneamente le mie nuove conoscenze a quello che vedo nel quotidiano, capisco che dal punto di vista strettamente personale ho fatto la scelta giusta.

Da domani ho intenzione di lanciare una nuova serie di post; visto che ormai un po' tutti quelli che mi conoscono mi hanno sentito parlare abbondantemente delle qualita' e dei pregi di questo Paese, penso che sia arrivato il momento anche di parlare dei suoi difetti. Anche se l'Australia e' in buona salute e non affronta nemmeno lontanamente le acque tempestose in cui devono barcamenarsi gli US e l'Europa, ha anch'essa la sua buona dose di problemi, spesso radicati e profondi, e che sono molto interessanti da esaminare, soprattutto con l'occhio di un osservatore ancora relativamente esterno, che sta imparando a conoscere la societa' locale tramite il mondo accademico e il contesto casalingo.

E' un bel pomeriggio autunnale, di quelli che sembrano favorire il pensiero e la riflessione. Sara' meglio che ne approfitti e concluda la mia pausa! Buona giornata a tutti voi, che mi leggerete dall'altra parte del mondo, quando su Sydney sara' ormai calata una limpida notte stellata.

Wednesday 27 February 2013

La Resa dei Conti

E' forse il titolo piu' deprimente che potesse venirmi in mente.
Non ho intenzione di scrivere un post tecnico sulle elezioni, perche' non e' un campo di mia competenza, ma penso sia sotto gli occhi di tutti che ci troviamo, forse per la prima volta, sull'orlo del baratro vero. Leggevo l'ultimo post di Kein Pfusch ieri (lo trovate qui), e le parole conclusive (lui e' emigrato in Germania) mi hanno colpito molto.


"Signori, onestamente vi auguro in bocca al lupo: ne avete bisogno.

Cosa provo io?

Avete fottuto quella che un tempo era la mia nazione, costringendomi ad andarmene. Ho dovuto lasciare tutto quello che avevo costruito. E no, non capite cosa si prova. Mi spiace per quelli in gamba, che invito a fuggire a loro volta, ma per gli altri... adesso vi arriva il conto.

E cazzo, lo pagherete VOI."

E purtroppo e' vero. Quando Goebbels diceva che, piu' grande la bugia, piu' alte le chance che la massa se la bevesse, chissa' se pensava che potesse esistere un'applicazione cosi' fedele delle sue parole. Ahime'. Veniamo da centocinquant'anni di gagliarda idiozia, e pagheremo il conto. Lo abbiamo pagato quando i "nostri" governi piemontesi ci avevano resi una mina vagante internazionale, lo abbiamo pagato (e lo paghiamo ancora oggi) quando Giolitti ha svenduto mezzo Paese alla criminalita' organizzata. Lo abbiamo pagato con l'ultima guerra, e con Tangentopoli, e adesso ci arriva la mazzata vera. Nessun partito puo' governare; state certi che nessuno lo vorra' fare. Saranno tutti impegnati ad invitare qualcun altro ad andare al governo, perche' stare all'opposizione adesso e' piu' semplice che mai. E siamo finiti cosi', senza un governo, perche' ancora una volta, il nostro elettorato si e' fatto abbindolare.
Sono bastate due cazzate sull'IMU per convincere un terzo degli elettori a votare per Berlusconi. Sono bastati quattro strilli poco coerenti e diverse bufale sull'AIDS, o sull'Euro, o sul suo partito, perche' Grillo riuscisse a ritagliarsi un terzo di Parlamento senza avere nemmeno un programma, o aver mai spiegato quale sia il suo legame con Casaleggio. A Monti basta dire "tecnico" e "spread" perche' un italiano su dieci faccia finta di non vedere che si e' limitato ad offrire alle nostre industrie manodopera a prezzo piu' basso, per compensare il fatto che l'industria italiana perde di competitivita' e si rifiuta di rimodernarsi, e che anche se avessimo avuto un governo normale, probabilmente nel 2014 o nel 2015 l'azione di Monti ci avrebbe azzannato il sedere, e anche di brutto. Ora non succedera', solo perche' il collasso sta gia' arrivando.
La volete sapere la verita'? Se Alba Dorata l'avessimo avuta noi, altro che sette per cento, adesso starebbe tenendo in scacco mezzo Parlamento. Perche'? Perche' agli italiani piace il chiasso. Solo che puoi urlare quanto vuoi, l'edificio scricchiola anche se tu non lo senti.

E' difficile non sentirsi emotivamente toccati da tutto questo. Gran parte delle persone che contano nella mia vita vivono in Italia, e io stesso, malgrado non mi senta italiano in nulla, sono molto triste nel vedere un Paese di sessanta milioni di persone che si prepara ad andare a fondo. Sono molto triste. Parte di me sa che alcuni di loro rimarranno li' a lottare, una battaglia in cui credo anche io e in cui continuo ad essere attivamente coinvolto anche da questa distanza. Parte di me spera che vadano via, che trovino un futuro migliore in un posto pronto ad accoglierli. E non so quale delle due voci sarebbe meglio ascoltare.

Ma ci tengo a sottolineare che la mia amarezza non e' senso di sconfitta. Senza l'astensionismo di tanti che non hanno votato perche' "tanto non cambia niente" forse oggi ci troveremmo in una situazione diversa. Altri Stati si sono ritrovati in momenti ben piu' terrificanti di questo, e li hanno superati. Non so, forse e' piu' facile per me dirlo: da Sydney sono (relativamente) al sicuro dalla tempesta. Ma so che la penseranno cosi' anche le persone che lottano e lotteranno al mio fianco: l'amarezza e' tanta, ma non distrugge la determinazione, semmai la riveste d'acciaio. Le nostre banche saranno prese d'assalto dall'estero, i nostri mercati collasseranno, l'obsolescenza tremenda che attanaglia tutta la nostra economia ci fara' precipitare rispetto al resto dell'Occidente. E' inutile ingannarci al riguardo: ci attendono tempi duri, molto piu' duri di quelli che abbiamo dovuto sopportare fino ad oggi, e la disperazione sara' grande. Ma non c'e' sconfitta che non possa essere rovesciata, o futuro che non possa essere riscritto.


"Know that if you know a course of action to be true in your heart, do not betray it because the path leads to hardship."


Sono seduto nella biblioteca, di fronte al pc che sto usando per scrivere il post, e fuori la giornata e' nuvolosa, i grattacieli sono opachi, le fronde degli alberi ondeggiano nel vento. Penso a tutti voi che siete rimasti, e alla possibilita' che io sia, forse, costretto un giorno a tornare; e la tristezza c'e', e' vero. Ma la volonta' non cede.
Se sara' necessario, attenderemo mentre l'edificio nazionale collassa; qualunque sia la portata del crollo, resisteremo. 
Se sara' necessario, ci ergeremo sulle macerie, e ricostruiremo.
Che restiate o partiate, amici miei, so che sarete motori di cambiamento, e so che io cerco di esserlo ogni giorno. Ho gia' riportato una citazione di Planescape Torment; vi lascio con una seconda.




"Know that there is nothing in all the Worlds that can stand against unity. When all know a single purpose, when all hands are guided by one will, and all act with the same intent, the Planes themselves may be moved."



Monday 25 February 2013

Down Under

Il diario di un migrante #1


Infine mi sono deciso a scriverlo, questo benedetto diario. Sono qui da ormai quasi due mesi, e la finalita' e' cambiata molto rispetto a quella che sarebbe stata l'idea originale. Seguire i miei avvenimenti quotidiani qui a Sydney porterebbe via troppo tempo a me, e probabilmente non interesserebbe a nessuno, quindi ho deciso che mi dedichero' a discorsi piu' generali. 
Due mesi non sono molti, ma un quadro di cosa sono stati lo posso tracciare ugualmente, ed e' proprio da quest'analisi interiore che e' nato il bisogno di scrivere questo post. 
Venire in Australia e' sempre stato un sogno per me; ho scoperto che invece mi attendeva un risveglio. Mi sento coinvolto in una profonda crescita personale, che riguarda non solo le competenze che sto acquisendo con i miei studi, e non si limita nemmeno alla "vita adulta" lontano dalla famiglia, ma che riguarda soprattutto la mia visione del mondo e della societa' occidentale in particolare. 
Mi sento saldo e sicuro? Assolutamente no. E' un periodo di grande incertezza: riusciro' a trovare uno sbocco lavorativo qui? Riusciro' a rimanere in questo Paese meraviglioso, ad avere un futuro qui? E se si', come mutera' il mio legame con le persone che amo, e coi progetti che grazie alla moderna tecnologia continuiamo a costruire o partorire insieme? 
Incertezza, vero. Ma non piu' di quanta ce ne fosse prima che partissi. Soprattutto perche' mi rendo conto che, ora che lo stendardo e' stato piantato, che inizio a sentirmi a casa qui e mi lascio alle spalle cio' che mi riguardava Over There, il mio orizzonte si espande di eguale misura, e nuovi sogni (magari futuri risvegli) appaiono in lontananza. Il dubbio ha smesso di essere una fonte di preoccupazione per diventare un propulsore, uno stimolo a continuare ad andare avanti, o almeno a guardare in quella direzione. L'effetto di trovarsi in un luogo di opportunita' e non di sconfitte.
E la sconfitta come concetto non mi appartiene piu'. Anche se non riuscissi a rimanere in Australia e fossi costretto a tornare in Europa, non sentirei di aver fallito, perche' gli strumenti di cui mi sto impossessando qui sono troppo preziosi. Significherebbe solo dover ridisegnare i propri progetti per il futuro, e mi sento pronto piu' che mai ad affrontare questa necessita', nel caso sfortunato in cui dovesse presentarsi.
Come ben sappiamo,

No plan ever survives contact with the enemy.

Ci sarebbero molti altri aspetti della questione che mi piacerebbe approfondire, ma per quello ci saranno altri episodi di questo diario. Per ora il tempo scarseggia. 
Il prossimo post sara' sull'argomento che ci riguarda di piu' e in maniera piu' uniforme nel presente, come italiani: le elezioni. 
Voglio attendere gli sviluppi dei prossimi giorni (e avere la possibilita' di informarmi meglio) prima di esprimere un giudizio definitivo. Ma dubito che sara' un post piacevole da scrivere.

Go home, Italy, you're drunk.

E' ora di tornare alla faticosa, ma gratificante routine da studente australiano. 
Alla prossima :)