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Wednesday 27 February 2013

La Resa dei Conti

E' forse il titolo piu' deprimente che potesse venirmi in mente.
Non ho intenzione di scrivere un post tecnico sulle elezioni, perche' non e' un campo di mia competenza, ma penso sia sotto gli occhi di tutti che ci troviamo, forse per la prima volta, sull'orlo del baratro vero. Leggevo l'ultimo post di Kein Pfusch ieri (lo trovate qui), e le parole conclusive (lui e' emigrato in Germania) mi hanno colpito molto.


"Signori, onestamente vi auguro in bocca al lupo: ne avete bisogno.

Cosa provo io?

Avete fottuto quella che un tempo era la mia nazione, costringendomi ad andarmene. Ho dovuto lasciare tutto quello che avevo costruito. E no, non capite cosa si prova. Mi spiace per quelli in gamba, che invito a fuggire a loro volta, ma per gli altri... adesso vi arriva il conto.

E cazzo, lo pagherete VOI."

E purtroppo e' vero. Quando Goebbels diceva che, piu' grande la bugia, piu' alte le chance che la massa se la bevesse, chissa' se pensava che potesse esistere un'applicazione cosi' fedele delle sue parole. Ahime'. Veniamo da centocinquant'anni di gagliarda idiozia, e pagheremo il conto. Lo abbiamo pagato quando i "nostri" governi piemontesi ci avevano resi una mina vagante internazionale, lo abbiamo pagato (e lo paghiamo ancora oggi) quando Giolitti ha svenduto mezzo Paese alla criminalita' organizzata. Lo abbiamo pagato con l'ultima guerra, e con Tangentopoli, e adesso ci arriva la mazzata vera. Nessun partito puo' governare; state certi che nessuno lo vorra' fare. Saranno tutti impegnati ad invitare qualcun altro ad andare al governo, perche' stare all'opposizione adesso e' piu' semplice che mai. E siamo finiti cosi', senza un governo, perche' ancora una volta, il nostro elettorato si e' fatto abbindolare.
Sono bastate due cazzate sull'IMU per convincere un terzo degli elettori a votare per Berlusconi. Sono bastati quattro strilli poco coerenti e diverse bufale sull'AIDS, o sull'Euro, o sul suo partito, perche' Grillo riuscisse a ritagliarsi un terzo di Parlamento senza avere nemmeno un programma, o aver mai spiegato quale sia il suo legame con Casaleggio. A Monti basta dire "tecnico" e "spread" perche' un italiano su dieci faccia finta di non vedere che si e' limitato ad offrire alle nostre industrie manodopera a prezzo piu' basso, per compensare il fatto che l'industria italiana perde di competitivita' e si rifiuta di rimodernarsi, e che anche se avessimo avuto un governo normale, probabilmente nel 2014 o nel 2015 l'azione di Monti ci avrebbe azzannato il sedere, e anche di brutto. Ora non succedera', solo perche' il collasso sta gia' arrivando.
La volete sapere la verita'? Se Alba Dorata l'avessimo avuta noi, altro che sette per cento, adesso starebbe tenendo in scacco mezzo Parlamento. Perche'? Perche' agli italiani piace il chiasso. Solo che puoi urlare quanto vuoi, l'edificio scricchiola anche se tu non lo senti.

E' difficile non sentirsi emotivamente toccati da tutto questo. Gran parte delle persone che contano nella mia vita vivono in Italia, e io stesso, malgrado non mi senta italiano in nulla, sono molto triste nel vedere un Paese di sessanta milioni di persone che si prepara ad andare a fondo. Sono molto triste. Parte di me sa che alcuni di loro rimarranno li' a lottare, una battaglia in cui credo anche io e in cui continuo ad essere attivamente coinvolto anche da questa distanza. Parte di me spera che vadano via, che trovino un futuro migliore in un posto pronto ad accoglierli. E non so quale delle due voci sarebbe meglio ascoltare.

Ma ci tengo a sottolineare che la mia amarezza non e' senso di sconfitta. Senza l'astensionismo di tanti che non hanno votato perche' "tanto non cambia niente" forse oggi ci troveremmo in una situazione diversa. Altri Stati si sono ritrovati in momenti ben piu' terrificanti di questo, e li hanno superati. Non so, forse e' piu' facile per me dirlo: da Sydney sono (relativamente) al sicuro dalla tempesta. Ma so che la penseranno cosi' anche le persone che lottano e lotteranno al mio fianco: l'amarezza e' tanta, ma non distrugge la determinazione, semmai la riveste d'acciaio. Le nostre banche saranno prese d'assalto dall'estero, i nostri mercati collasseranno, l'obsolescenza tremenda che attanaglia tutta la nostra economia ci fara' precipitare rispetto al resto dell'Occidente. E' inutile ingannarci al riguardo: ci attendono tempi duri, molto piu' duri di quelli che abbiamo dovuto sopportare fino ad oggi, e la disperazione sara' grande. Ma non c'e' sconfitta che non possa essere rovesciata, o futuro che non possa essere riscritto.


"Know that if you know a course of action to be true in your heart, do not betray it because the path leads to hardship."


Sono seduto nella biblioteca, di fronte al pc che sto usando per scrivere il post, e fuori la giornata e' nuvolosa, i grattacieli sono opachi, le fronde degli alberi ondeggiano nel vento. Penso a tutti voi che siete rimasti, e alla possibilita' che io sia, forse, costretto un giorno a tornare; e la tristezza c'e', e' vero. Ma la volonta' non cede.
Se sara' necessario, attenderemo mentre l'edificio nazionale collassa; qualunque sia la portata del crollo, resisteremo. 
Se sara' necessario, ci ergeremo sulle macerie, e ricostruiremo.
Che restiate o partiate, amici miei, so che sarete motori di cambiamento, e so che io cerco di esserlo ogni giorno. Ho gia' riportato una citazione di Planescape Torment; vi lascio con una seconda.




"Know that there is nothing in all the Worlds that can stand against unity. When all know a single purpose, when all hands are guided by one will, and all act with the same intent, the Planes themselves may be moved."



Monday 25 February 2013

Down Under

Il diario di un migrante #1


Infine mi sono deciso a scriverlo, questo benedetto diario. Sono qui da ormai quasi due mesi, e la finalita' e' cambiata molto rispetto a quella che sarebbe stata l'idea originale. Seguire i miei avvenimenti quotidiani qui a Sydney porterebbe via troppo tempo a me, e probabilmente non interesserebbe a nessuno, quindi ho deciso che mi dedichero' a discorsi piu' generali. 
Due mesi non sono molti, ma un quadro di cosa sono stati lo posso tracciare ugualmente, ed e' proprio da quest'analisi interiore che e' nato il bisogno di scrivere questo post. 
Venire in Australia e' sempre stato un sogno per me; ho scoperto che invece mi attendeva un risveglio. Mi sento coinvolto in una profonda crescita personale, che riguarda non solo le competenze che sto acquisendo con i miei studi, e non si limita nemmeno alla "vita adulta" lontano dalla famiglia, ma che riguarda soprattutto la mia visione del mondo e della societa' occidentale in particolare. 
Mi sento saldo e sicuro? Assolutamente no. E' un periodo di grande incertezza: riusciro' a trovare uno sbocco lavorativo qui? Riusciro' a rimanere in questo Paese meraviglioso, ad avere un futuro qui? E se si', come mutera' il mio legame con le persone che amo, e coi progetti che grazie alla moderna tecnologia continuiamo a costruire o partorire insieme? 
Incertezza, vero. Ma non piu' di quanta ce ne fosse prima che partissi. Soprattutto perche' mi rendo conto che, ora che lo stendardo e' stato piantato, che inizio a sentirmi a casa qui e mi lascio alle spalle cio' che mi riguardava Over There, il mio orizzonte si espande di eguale misura, e nuovi sogni (magari futuri risvegli) appaiono in lontananza. Il dubbio ha smesso di essere una fonte di preoccupazione per diventare un propulsore, uno stimolo a continuare ad andare avanti, o almeno a guardare in quella direzione. L'effetto di trovarsi in un luogo di opportunita' e non di sconfitte.
E la sconfitta come concetto non mi appartiene piu'. Anche se non riuscissi a rimanere in Australia e fossi costretto a tornare in Europa, non sentirei di aver fallito, perche' gli strumenti di cui mi sto impossessando qui sono troppo preziosi. Significherebbe solo dover ridisegnare i propri progetti per il futuro, e mi sento pronto piu' che mai ad affrontare questa necessita', nel caso sfortunato in cui dovesse presentarsi.
Come ben sappiamo,

No plan ever survives contact with the enemy.

Ci sarebbero molti altri aspetti della questione che mi piacerebbe approfondire, ma per quello ci saranno altri episodi di questo diario. Per ora il tempo scarseggia. 
Il prossimo post sara' sull'argomento che ci riguarda di piu' e in maniera piu' uniforme nel presente, come italiani: le elezioni. 
Voglio attendere gli sviluppi dei prossimi giorni (e avere la possibilita' di informarmi meglio) prima di esprimere un giudizio definitivo. Ma dubito che sara' un post piacevole da scrivere.

Go home, Italy, you're drunk.

E' ora di tornare alla faticosa, ma gratificante routine da studente australiano. 
Alla prossima :)