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Wednesday 6 March 2013

Problemi.

Come accennato, ecco dunque il primo post di una serie in cui parlero' di cose che in Australia non funzionano bene, o che lo fanno in maniera pessima. E' un argomento importante; mi e' stato spesso detto che sono esterofilo a tutti i costi, che ignoro i problemi degli altri e che penso che ci siano Paesi perfetti.

Nulla di piu' sbagliato.

L'Australia e' una societa' con grattacapi grandi e piccoli, e preoccupata da un futuro incerto. Questo non significa che, nel complesso, non sia anni luce avanti rispetto all'Italia, e sicuramente piu' socialmente empatica rispetto al resto dell'Occidente. Il welfare capillare, l'istruzione di prima classe, l'indipendenza dalle lobby religiose, la capacita' di far convivere etnie e culture profondamente diverse senza discriminazioni rendono questo un grande Paese. Ma le debolezze ci sono: il problema dell'alcool e del gioco d'azzardo, la bomba a orologeria delle risorse minerarie, lo stato attuale della politica, l'immigrazione massiccia, queste sono cose capaci di destabilizzare una nazione in maniera anche permanente. Abbiamo visto tutti in quale condizione deprimente versi il Regno Unito oggi, o quanto in basso siano arrivati gli US dagli anni '50. Ma oggi non voglio cominciare con nessuno dei grandi temi sopra menzionati, che richiedono un'elaborazione dettagliata che oggi non ho il tempo di affrontare, e dunque iniziero' con qualcosa di leggero: problemi seri ma non catastrofici e complessi, e soprattutto, le piccole stronzate quotidiane che ti fanno un po' smadonnare. Spero che il post vi strappi un sorriso, e vi dia uno snapshot inusuale di uno Stato cosi' distante!


Apriamo con la televisione. 
Gesu' Cristo.
La cruda verita' e' che faceva schifo in Italia e fa schifo pure qua, a livelli quasi altrettanto imbarazzanti. E gli australiani, che sotto tanti altri aspetti cambiano abitudini molto in fretta, sono rimasti vagamente ancorati alla tv: la guardano spesso, rappresenta ancora una cosa che si fa "in famiglia", e mi e' capitato di vederli cercare appositamente la spazzatura giusto per il gusto di "rilassarsi".
Certo, non hanno Uomini e Donne, e nemmeno aborti come Voyager, Paolo Fox o Striscia la Notizia, ma se non raggiungono quelle bassezze di sicuro non e' per mancanza d'impegno: il palinsesto e' dominato da show off ridicoli come "football team eterosessuale vs football team omosessuale", show di cucina che al confronto la prova del cuoco potrebbe vincere un oscar, canali secondari di notizie che per fare i fighi e competere con quelli piu' grossi riescono a fare i sensazionalisti col clima peggio del TG1 (l'esempio perfetto l'ho avuto la settimana scorsa: pioveva un po' in tutta Sydney e Channel 7 proponeva un COVERAGE LIVE dedicato al fatto che STAVA PIOVENDO, con inviati sul campo in vari suburbs apposta per confermarci che IN EFFETTI PIOVEVA), ma cio' che davvero spopola nella programmazione e' il Male, ovvero...



         GLI PSEUDODOCUMENTARI


Come dicevo prima, quantomeno loro non hanno Voyager o Mistero; pero' qui la TV non fa altro che trasmettere i tipici "documentari" in stile americano, che semplificano in maniera vergognosa, mettono montaggio e musica da thriller incalzante (o peggio da horror, come nel caso di un documentario che pretendeva di risalire alla causa della morte e a una biografia parziale di soldati scozzesi del medioevo partendo da quattro ossa dimmerda) e spettacolarizzano ogni minima stronzata.
Speravo che venire in Australia avrebbe almeno annacquato un po' il mio odio recrudescente per la televisione. Invece lo ha esacerbato a livelli da fanatismo ideologico.


Un'altra cagata che merita una menzione viene da Gli australiani che si lamentano, detto anche "l'erba del vicino e' sempre piu' ritardata". Gli australiani si lamentano di tutto. Vivono in una nazione ricca, benestante, in crescita economica, che si impegna a coinvolgerli nel sociale, ma a sentirli parlare sembra che vivano nel Deutsches Reich ai tempi di Weimar. Su alcune cose fanno bene a lamentarsi (il regional pricing, di cui parlero' dopo), ma in generale sono davvero ingiustificabili. Si lamentano di non ricevere servizi statali e sussidi sufficienti, quando un sussidio di disoccupazione qui e' piu' alto di uno stipendio medio in Italia. Protestano contro gli autobus: con una eccezione (dieci minuti), non ne ho mai visto arrivare uno piu' in ritardo di 4 minuti nei 68 giorni che ho passato finora in Australia. Sono sempre stati pulitissimi, comodi (sedili imbottiti ftw) e, tranne che in un caso, con l'aria condizionata. Gli autisti sono gentili, i passeggeri stessi rispettano molto il mezzo e non lo trattano come una discarica, eppure loro stessi se ne lamentano. Perche' 4 minuti di ritardo sono troppi, per loro significa che "gli autobus sono inefficienti". E io fra me e me ripenso agli autobus dell'AMAT di Taranto, dagli anni '70 con furore, rumorosi come se andassero a carbone, che saltano direttamente le corse, hanno raramente orari fissi e comunque non sono pubblicati da nessuna parte, vanno scoperti empiricamente; gli autobus che d'estate praticamente fondono per il calore e vengono brutalmente vandalizzati dai tarantini cavernicoli urlanti. Ripenso a tutte queste cose, e fra me e me mi dico che tutto sommato gli australiani di qualita' dei trasporti pubblici non capiscono un cazzo.
L'altro giorno e' uscita la notizia che la disoccupazione e' salita dal 5% al (reggetevi forte) 5.1%.
PANICO.

Sono tutti disperati, sembra che l'apocalisse incomba su tutti loro. Ogni volta che un australiano confessa le sue ansie sullo 0.1% di disoccupazione in piu', un Paese europeo in bancarotta, da qualche parte, muore.

Regional pricing: questo e' gia' un problema un po' piu' serio. Malgrado i prezzi a Sydney non siano molto diversi da quelli europei, e in certi casi anche piu' bassi, ci sono certe cose che costano molto di piu' di quanto dovrebbero. Perche'? Perche' quando pianificano il loro marketing mix e arrivano al prezzo, le compagnie in genere, naturalmente, impostano prezzi differenti a seconda delle regioni del mondo a cui il prodotto e' destinato, e in Australia questo e' in parte anche un problema di logistica. Ma certe cose, semplicemente, no. Per esempio, una compagnia che ci specula tantissimo e' Apple: se volete acquistare qualcosa su iTunes, e all'estero costa 99 centesimi, state certi che qui costera' $3.99. Perche'?
Sono dati. La logistica non c'entra un cazzo.
Apple ovviamente non e' l'unica a farlo. Se voleste acquistare Adobe in Australia, vi costerebbe tantissimo. Se prendeste un aereo per Los Angeles, lo compraste negli US e tornaste a Sydney, riuscireste a risparmiare qualche dollaro, e ho detto tutto.
Le associazioni di consumatori sono furibonde e il governo probabilmente sarebbe gia' intervenuto in qualche modo, se non fosse per l'impasse politica in cui si trova al momento l'Australia, e con le elezioni in avvicinamento.

I supermercati: questo e' decisamente piu' serio. In Australia ci sono solo due grandi catene di supermercati (nel senso di grocery store, cioe' che vendono esclusivamente alimentari, bevande e prodotti correlati): Woolworths e Coles. Questa cosa e' un vero dramma. Se in altri settori, compresi quelli ad esempio degli ipermercati intesi come shopping centres, la competizione in Australia e' notevole e sana, Woolworths e Coles si sono letteralmente impossessati del mercato. E' vergognoso: combinandoli, occupano circa l'80% del market share, con il rimanente 20% distribuito fra il discount Aldi, il supermercato per produttori indipendenti IGA e altri partecipanti minori. I due giganti si sono espansi talmente tanto che di fatto stanno portando alla rovina gli agricoltori e gli allevatori. Woolworths negli anni '70 era ancora relativamente secondario; e' riuscito a diventare un diretto rivale di Coles con una campagna molto intelligente basata sul "we're the fresh food people", ovvero sul presentarsi come un supermercato che fornisce cibo fresco e genuino, a un prezzo leggermente superiore. La risposta di Coles dal punto di vista mediatico pero' e' stata efficacissima: hanno tirato su una campagna titanica intorno al concetto di "prices go down", con tanto di canzonetta irritante, mani rosse giganti che puntano verso il basso appese a ogni angolo dei loro supermercati e regalate come souvenir ai clienti, saldi brutalissimi eccetera.



Per Woolworths e' stato un brutto colpo, anche perche' sono impegnati a difendersi da una denuncia di Apple (eh beh oh, prima o poi capita a tutti), e allora qual e' stata la risposta? Ecco, qui arriviamo al succo del problema. La risposta e' stata price war.
Coles e Woolworths stanno facendo di tutto per abbassare i prezzi il piu' possibile e guadagnare un vantaggio sull'altro, ma stanno davvero raschiando il fondo del barile. Il latte e' uno degli esempi piu' gravi: 99 centesimi al litro. Quando del latte viene prodotto su vasta scala e venduto a meno di un dollaro al litro, cosa succede agli indipendenti che vendono latte piu' genuino e piu' artigianale a oltre due dollari al litro? Ecco, appunto. Ma i produttori individuali vengono notevolmente piu' danneggiati da una tattica particolare usata da entrambi i supermercati per accrescere il proprio market share: l'home branding.
Ovvero sia Woolworths che Coles stanno dicendo ai loro fornitori piu' piccoli e meno conosciuti che la gente si fida dei marchi Woolworths e Coles, non dei loro, e che dunque devono rinunciare ad avere il loro nome e logo sui loro prodotti una volta entrati nel supermercato. L'arroganza di chi ha l'80% di market share.
Cosi' ora gli agricoltori ed allevatori piu' piccoli non possono piu' proteggere il loro brand e la loro immagine. Di fatto hanno perso il controllo dei loro prodotti, che vengono etichettati Coles o Woolworths e venduti ai prezzi dettati da Coles e Woolworths.
In una catena di distribuzione verticale, che va dal produttore al grossista al supermercato, questo e' un vero e proprio conflitto verticale. Coles e Woolworths si sono espansi cosi' tanto in orizzontale (e fermati per questo dall'antitrust australiana) che adesso stanno iniziando a farlo in verticale, competendo coi loro stessi fornitori, ben sapendo di avere a disposizione una forza molto superiore; e cosi' ora tutta la struttura distributiva, il flow di prodotti, sta collassando. Non e' una bella situazione per il primario australiano, che fino a pochi anni fa era fiorente.

La cosa piu' triste e' che i partiti politici sembrano troppo concentrati sulle elezioni per far nulla al riguardo; e' uno dei pochi casi in cui il governo australiano ha mostrato inerzia riguardo a un problema di queste dimensioni.

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